SPIRITUALITA' E POLITICA,
incontro con don Giuseppe Dossetti
parte 4


Segue da "Intervista a Dossetti, parte 3"

Viviamo in una crisi epocale. Io credo che non siamo ancora al fondo, neppure alla metà di questa crisi. Sempre più ci sto pensando. Sono convinto che lo scenario culturale, intellettuale, politico non ha ancora esplicitato tutte le sue potenzialità. Noi dobbiamo considerarci sempre di più alla fine della terza guerra mondiale; una guerra che non è stata combattuta con spargimento di sangue nell'insieme, ma che pure c'è stata in questi decenni. Questa guerra è in qualche modo finita, con vinti e vincitori, o con coloro che si credono vinti ed altri che si credono vincitori. La pace, o un punto di equilibrio, non è stata ancora trovata in questo crollo complessivo. Il mondo è crollato oggi più che non dopo il 1918 o il 1917. Si pensi alla Russia: cosa è accaduto della Russia ? Ha perduto la guerra e si trova in condizioni peggiori di quelle del momento del suo disfacimento nel 1917, anche strategicamente e territorialmente. E' è stata amputata più gravemente che nel trattato di Brest Litovsk, con conseguenze indicibili, indescrivibili. Gli Stati Uniti cosa hanno vinto ? Non si può dire che siano vincitori. E' crollato il mondo avversario senza che l'Occidente se ne rendesse conto e senza che preparasse niente. Durante i due primi conflitti mondiali, nella fase finale delle operazioni militari, c'è stata una preparazione della pace, tanto nel 1917 che nel 1943-44; oggi niente di simile, niente è stato preparato, tutti sono stati sorpresi e tutti sono stati sconvolti. La democrazia americana è finita; anche se ha vinto, non può proporre niente, e sino a oggi non ha proposto niente. Lo sconvolgimento è così radicale che noi non sappiamo quello che sarà domani, quello che sarà nel 1994, che sorprese avremo. C'è un rimescolamento completo di situazioni, siamo ritornati in Europa a prima del 1914. Il rimescolio dei popoli, delle culture, delle situazioni è molto più complesso di quello che non fosse nel 1918. E' un rimescolio totale. In più c'è la grande incognita dell'Islam, una incognita in qualche modo imprevedibile. Noi cerchiamo di rappresentarci questo sconvolgimento totale con dei modelli precedenti, quelli del 1918, quelli della pace di Versaglia, quelli del 1944-45, quelli di Yalta, ma sono tutti non proporzionati, perché il rinnovamento è assai più radicale. Siamo dinnanzi all'esaurimento delle culture. Non vedo nascere un pensiero nuovo nè da parte laica, nè da parte cristiana. Siamo tutti immobili, fissi su un presente, che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità dei mutamenti. Non è catastrofica questa visione, è reale; non è pessimista, perché io so che le sorti di tutti sono nelle mani di Dio. La speranza non vien meno, la speranza che attraverso vie nuove e imprevedibili si faccia strada l'apertura a un mondo diverso, un pochino più vivibile, certamente non di potere. Questa speranza , globale in un certo senso, è speranza per tutto il mondo, perché la grazia di Dio c'è, perché Cristo c'è , e non la localizza in niente , tanto meno in noi. L'unico grido che vorrei fare sentire oggi è il grido di chi dice: aspettatevi delle sorprese ancora più grosse e più globali e dei rimescolii più totali, attrezzatevi per tale situazione. Convocate delle giovani menti che siano predisposte per questo e che abbiano, oltre che l'intelligenza, il cuore, cioè lo spirito cristiano. Non cercate nella nostra generazione una risposta, noi siamo veramente solo dei sopravvissuti.