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SPIRITUALITA' E POLITICA,
incontro con don Giuseppe Dossetti
parte 2
Segue da "Intervista a Dossetti, parte 1"
Ad un certo punto, quella stessa disponibilità, mi ha fatto capire che, per non tradirla, dovevo andarmene.
Per me è importante non negare a priori la possibilità di una conciliazione tra un agire coerente e profondo
con la fede e un agire politico. Ma è una conciliazione non sistematica, non intenzionale, non consapevole,
non in funzione di una missione o di un progetto definito. Quando ci si illude di questo progetto, allora
nascono tutte le catastrofi, nascono le degenerazioni, quelle a cui assistiamo in questa ultima fase della
nostra storia repubblicana. Sono gli effetti di un impegno politico che non ha ubbidito a queste condizioni
, alla fortuità, alla casualità , che ha preteso di fare un progetto, sia pure un progetto di non azione o
di compromissione, ma un suo progetto, un progetto che alcuni vogliono portare ancora avanti.
Con questa disponibilità a fare, quando si dà la possibilità reale di fare , senza cercarla, senza programmarla,
si agisce. Alcune cose, che sono state nelle mie possibilità in un certo momento, sono state fatte. E' stato
un periodo molto breve, molto provvisorio , tuttavia sono state fatte, e hanno avuto una certa incidenza,
che si è trascinata nel bene e nel male sino ad ora. Sono venute tante degenerazioni da quelle cose, però
credevo, e credo ancora, che in quel momento dovessero essere fatte, e in quel modo.
Quindi una incompatibilità assoluta non c'è, perché l'incompatibilità, in una riflessione più profonda ancora,
la dovremmo motivare in una scissione del reale, che non è nel piano di Dio, nel piano provvidenziale del
Signore che passa attraverso la Croce. Non si può teorizzare una compatibilità di principio, ma non si può
neanche affermare una incompatibilità di principio, purché non si voglia, per dirla terra terra, restare
attaccati alla seggiola. Ci deve essere questa disponibilità a lasciarsi adoperare dalle circostanze, a
lasciarsi adoperare da Dio, anche per un breve tempo, segnato magari da un grande insuccesso.
Questo è in sintesi il mio piccolo pensiero in ordine alla mia piccola storia. Una storia che , al di
là dell'episodio politico ( che nella mia vita è stato un episodio relativo, anche se molto significativo,
un episodio che non rinnego, di cui ringrazio Dio, perché mi ha arricchito di molte cose) ha ritrovato una
continuità nell'esistenza , che va al di là di questi momenti, di queste interruzioni fortuite di pura
grazia, per cui Dio ti adopera. Questa grazia di Dio è chiara soprattutto se non la si cerca per niente.
Io non ho cercato per niente di entrare in politica. Lo dico sempre , ed è una verità sacrosanta: sono
entrato in politica attraverso una rottura di testa per un incidente d'auto. Mi hanno chiamato a Roma
i grandi della Democrazia Cristiana nel luglio del 1945 per il primo Congresso Nazionale del partito.
Io non conoscevo nessuno, non ero conosciuto da nessuno. Sono arrivato a Roma con ritardo, perché avevo
avuto un incidente d'auto a Grosseto. Appena arrivato Piccioni mi ha detto :" tu sarai vice segretario
della Democrazia Cristiana". " Ma chi ? Io ? Ma mi conoscete ? Io non vi conosco, non ho mai visto De
Gasperi, e voi non conoscete me."
" Sta cheto, sta cheto, stasera vedrai De Gasperi".
De Gasperi non si è fatto vedere , si è andati alle votazioni e mi hanno eletto.
Quando sono tornato a casa con la testa fasciata e mi sono presentato a mia madre , non sapevo come fare.
Ho dovuto rassicurarla che non era niente, ma anche dirle che avevo una rottura di testa ancora più grande.
Lei , che è stata sempre intimissima a me, sin dal principio ha avuto orrore di quello che stavo facendo,
e sapevo che l'aveva.
Ripensandoci adesso e vedendo le cose in una prospettiva lontana, quella notorietà provincialissima che avevo
allora è servita semplicemente a prendere un uomo del Nord, come si doveva, che avesse fatto un poco di
attività partigiana e che fosse così sconosciuto da non poter dare fastidio per l'eternità. Qui c'è stato
l'equivoco. C'erano altri nomi, io li ho fatti: perché non questo, non quello ? Questi altri nomi erano
già noti, si sapeva di loro, invece io ero il meno conosciuto, non sapevano di me , soprattutto non
sospettavano che avrei creato delle grane. Le ho create davvero, con buone intenzioni certamente. Sono
stato un rompiscatole. Ecco , la fortuità. Io insisto su questo: la gratuità. Ero professore, avevo il mio
lavoro , ci tenevo, mi riusciva; avevo un certo successo e una certa simpatia da parte degli studenti; non
avevo nessuna intenzione di fare della politica la mia professione, nemmeno quando ci sono stato dentro;
per questo con grande semplicità, quando ho capito come stavano veramente le cose, e mi è sembrato di
avere ormai sufficientemente meditato, li ho salutati e me ne sono venuto via. Non mi è costato niente,
non ho fatto nessun bel gesto. Ho semplicemente continuato , al di là di quell'episodio, la mia vita,
con lo sbocco al quale il Signore poi mi aspettava.
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